IL TEATRO DELL’ANIMA
Teatro dell’anima è stato definito il Teatro serio di Aldo di Mauro per distinguerlo da quello comico.
Riportiamo qualche stralcio dal monologo “Verità negata”:
(Enrico si guarda allo specchio. Assume varie es-
pressioni, si studia, si analizza. Sorride a se stesso,
poi si fa un occhiolino come di chi ha raggiunto
una grande intesa con se stesso)
Tu sei rimasto l’unico mio vero amico! Eppure a
volte prendo in giro anche te! La civetteria umana
è incancellabile. Si perché, almeno nella intimità,
dovrei esprimere il mio pensiero senza l’assillo di
scegliere le parole giuste, il tono giusto, la giusta
gestualità ed invece…appena sono davanti allo
specchio, sistemo il mio aspetto, assumo la espres-
sione più convincente, mi muovo con una certa ele-
ganza! (Sorride) Voglio a tutti i costi piacere anche
a me stesso! (Riflette su quanto ha detto, poi si va
a sedere) Ma forse è un aiuto che uno chiede al
proprio aspetto esteriore per farsi capire meglio.
Quante volte mi è capitato che le parole hanno tra-
dito il mio pensiero perché le ho buttate fuori così,
senza riflettere!
(Con amarezza) Questo lo puoi fare con chi ti cono-
sce bene, non con tutti. Un po’ di cura nella scelta
delle parole è una ginnastica utile, senza con ciò ina-
ridire il pensiero , gli garantisci solo una espo-
sizione più fedele. (Va di nuovo allo specchio e si
rivolge direttamente alla immagine riflessa)
Quindi, mio caro amico, quando ti preme comunica-
re un tuo sentimento o una tua riflessione, imposta
bene la voce, asseconda le parole con l’espressione
del viso, osserva le giuste pause…così che le parole
assumano il giusto significato. Questo vuol dire
dare corpo alle parole!
(Va al tavolo, si siede. Le pause che Enrico osserva
sono solo apparenti, perché in realtà ripercorre nel-
la sua mente momenti di vita personale, che riordina,
fissa, per poi rifletterci su)
Ecco perché con mia moglie, dopo anni di parole,
parole, parole, ho preferito il silenzio. Al silenzio
ci si arriva per scelta, non è un bisogno naturale
In genere, quando un uomo sceglie il silenzio,chi
ti sta intorno dovrebbe cercare di capire, predisporsi
alla comprensione, preoccuparsi.
Invece il mio silenzio ha fatto comodo, per poter
essere descritto come un essere abulico, distaccato,
incurante di tutto, volendo ignorare il fatto che si
giunge al silenzio, non si nasce silenziosi!
Cosa fa il bambino quando nasce? Con suoni, con
lamenti, piangendo o ridendo, cerca di comunicare.
La voglia di parlare è naturale alla voglia di vivere.
La voglia, invece, di non parlare è una resa alla vita.
(Pensando alla moglie) E questo tu non l’hai capito,
o forse, non l’hai voluto capire!
Dopo i primi anni, durante i quali, anche i miei difet-
ti ti divertivano, pian piano si sono verificate delle
sottili crepe che, sono poi diventate delle voragini
incolmabili.
Ma le crepe fanno parte dell’essere umano! Una vita
liscia, senza qualche porosità, è fantastica, irreale!
Come un volto senza rughe, che sono le tracce
tangibili del vissuto di ognuno di noi, perché le ab-
biamo nascoste con un intervento di chirurgia plastica!
E’ un volto falsificato!
Ti piacevo così com’ero e poi…a piccole dosi, pre-
tendevi di modificare la mia personalità.
Fino ad arrivare al momento che nulla di me ti stava
più bene. L’intolleranza si è tramutata in rabbia,
tanto è vero che non parli più, aggredisci!
Le tue parole sono frecce avvelenate che cercano di
colpirmi nei punti vitali. Ogni tentativo di riportarti
al dialogo mi ha sempre visto perdente, per quel con-
tinuo sfiancamento dovuto a quei colpi bassi che, a
poco a poco, demoliscono.
E dici che sono ripetitivo, che dico sempre le stesse
cose. Ma lo capisci che nella ripetizione di un concet-
to, c’è sempre qualcosa in più che lo arricchisce?
Lo capisci che nelle mie ripetizioni, c’è forse la voglia
di essere più chiaro, per non rimanere con il minimo
dubbio di essere stato infelice nella esposizione?
Se tu avessi capito tutto ciò, invece di annoiarti,
avresti dovuto appassionarti a quella parolina in più,
a quel piccolo ritocco al mio pensiero, che ti avrebbe
aiutato a conoscerci meglio!
Piano piano, sei diventata una perenne insoddisfatta.
Secondo me, neppure tu sai davvero cosa vuoi.
Quando sembra che il raggiungimento di una cosa ti
appaga, già sei alla ricerca di qualcos’altro.
E così sono i giovani di oggi, a quattordici anni il mo-
torino, a sedici la moto, a diciotto la macchina, per
non dire di tutte le altre cose di cui dispongono senza
sacrificio. Ed invece bisognerebbe educarli a saper go-
dere delle piccole cose, delle cose semplici.
Sono le piccole cose che riempiono la vita, dandole
quelle sfumature che la rendono emozionante.
Per i ragazzi una spiegazione si è trovata. I ragazzi
vivono in un contesto fatto di motorini, di auto, di
scarpe firmate eccetera, per cui con la fragilità che
si ritrovano, il non possedere certe cose, li fa sentire
esclusi, con tutti i rischi psicologici che ciò comporta.
Ma i responsabili di questa fragilità siamo noi.
Noi che vogliamo dare ciò che non abbiamo avuto,
ci pesa dire no, perché il no va corredato di tante
spiegazioni, e noi non ne abbiamo voglia ne tempo
Come vedi, sui giovani si potrebbe continuare a lungo,
alla ricerca di motivazioni che spiegano i loro
comportamenti. Se si parla di me invece si da per
scontata la spiegazione più semplice.
Subito mi sputi addosso che io sarei incapace di fare
grandi cose per cui mi trincero dietro questa filosofia
delle piccole cose.
Non è così mia cara, è molto più facile fare azioni
eclatanti, ad effetto rapido, che tutti possono fare,
sempre che non si è privi di mezzi pratici od
economici. Mentre occorre avere una maggiore
sensibilità, per assaporare il gusto delle cose semplici.
E’ vero, pure io in passato avevo la mania delle elucu-
brazioni mentali; un fatto lo scomponevo, lo ricompo-
nevo fino a strapazzarlo, perché dovevo capire la realtà
che si celava dietro l’apparenza. Così facendo, un
gesto, un episodio, acquistava importanza.
Oggi invece, alla mia età, ho riscoperto il valore della
Semplicità.
Gli uomini semplici forse non hanno il fascino degli
intellettuali, ma se uno li sa leggere dentro, ci trovi
tanto di quella profondità d’animo, che traspare da
uno sguardo più che da una riflessione ben articolata.
La sfortuna degli uomini semplici è che hanno bisogno
di essere decodificati mentre, quelli colti, sono loro
stessi a decodificarsi.
C’è però una pericolosa, sostanziale differenza !
L’uomo colto da di sé l’immagine che vuole, l’uomo
semplice è così com’è.
Un intellettuale può determinare il cambiamento della
storia umana. Ti ricordi i versi che scrissi in proposito?
“ Se non volete che scoppi
una guerra atomica,
non fate arrabbiare
un intellettuale! “
Oggi sono così cambiato! E neppure così, ho attirato
il tuo interesse. Sei sempre stata così distratta nei miei
confronti.
Indubbiamente sei una donna dinamica, ma riesci ad
interessarti di tante cose ma non di me.
Non mi rimaneva che parlare da solo mentre tu con-
temporaneamente ascoltavi la radio, la televisione e
magari, sfogliavi pure un giornale.
Era così evidente la mia esclusione che quando ti
domandavo come potessi ascoltare me, se con un
orecchio ascoltavi la radio , con l’altro la televisione e
gli occhi erano impegnati nella lettura, tu con quella
tua spietata sincerità, mi rispondevi:” Ma chi ti sta
ascoltando?”
Ho pure tentato la strada della seduzione, perché ho
sempre pensato che un uomo è a rischio tradimento
se il suo comportamento è monotono, monocorde.
Un amante ha ciò che non ha il proprio marito!
Se sei dolce, premuroso, gentile, garbato, ecco che
si avverte l’attrazione per l’uomo forte, passionale.
Se sei duro, forte, passionale, ed allora si avverte il
bisogno di coccole e delicatezze.
Se invece riesci ad avere la reazione giusta che la
circostanza richiede, non sarà certo per un po’ di
sesso che si butta a mare un rapporto che ha tante
cose in più.
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Tratto da “Occhi negli occhi” – Graus Editore
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